Per la prima volta nella storia del nostro Paese, in 100 giorni il Governo ha adottato oltre 200 provvedimenti, dai decreti-legge ai d.P.C.M., dalle ordinanze del Ministro della Salute a quelle del Capo della Protezione Civile, oltre ai decreti ministeriali che hanno affrontato specifiche tematiche di competenza di specifici dicasteri.
Le Regioni, allo stesso modo, hanno adottato – a volte sin dall’insorgenza dei primi casi di Covid19 – provvedimenti contingibili e urgenti, volti al contrasto della diffusione epidemiologica che, nel periodo compreso tra il 24 febbraio ed il 25 aprile, ammontavano a 468.
All’incremento della produzione normativa, corrisponde una parallela espansione delle competenze di alcuni decisori e l’incremento dei soggetti abilitati a decidere, disporre o coordinare e, conseguentemente, dei livelli decisionali (commissari straordinari ad acta, task force nazionali e locali, comitati di esperti, etc.).
La successione temporale e il contenuto dei provvedimenti regionali hanno costituito, costituiscono e costituiranno uno dei più imponenti stress test del Titolo V della Costituzione repubblicana nella misura in cui hanno mostrato come provvedimenti “contingibili ed urgenti” nazionali e regionali possono generare frizioni in settori di grande rilevanza economica e sociale (imprese, trasporti, scuole, etc.).
Sebbene le Regioni più prolifiche di normative siano state Abruzzo, Toscana e Campania, dallo studio emerge che generalmente – e paradossalmente – le Regioni meno colpite dal Covid19 hanno prodotto un numero maggiore di provvedimenti.
Ancora, se da un lato alcuni governatori hanno sostenuto che il contenimento dei casi sarebbe dovuto proprio alle maggiori restrizioni imposte, dall’altro sembrerebbe che Regioni omologatesi alle restrizioni del governo centrale siano riuscite a limitare, comunque, il numero dei contagi. Questo il quadro che emerge da un’analisi della produzione normativa regionale nei periodi di produzione degli oramai noti d.P.C.M.