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Ron De Santis, politico repubblicano e Governatore della Florida dal 2019, lo scorso 24 maggio ha annunciato ufficialmente la propria candidatura alla Presidenza degli Stati Uniti d’America, sfidando – in quello che si preannuncia uno scontro all’ultimo post (o tweet) – l’ex-presidente Donald Trump. A fare scalpore sono state soprattutto le modalità con cui è avvenuta la “discesa in campo”: non una scelta tradizionale e forse, col senno di poi, neanche così fortunata. L’evento è stato infatti trasmesso in diretta streaming su Twitter Spaces, la nuova (ormai neanche troppo) funzione di Twitter che permette agli utenti di creare degli spazi in cui parlare liberamente in diretta audio.
A molti lettori questa descrizione ricorderà Clubhouse, la piattaforma che spopolò in piena pandemia dando a tutti la possibilità di creare stanze, più o meno esclusive, in cui conversare di sport, politica o semplicemente passare del tempo con gli amici. Il funzionamento di Twitter Spaces è molto simile. Una scelta, quella di De Santis, che pare ancora più ardita se consideriamo che normalmente Twitter Spaces non raggiunge grandi numeri in termini di collegamenti e che per il live streaming ci sono piattaforme ben più diffuse e stabili: da Spreaker a StreamYard a Discord.
Un altro elemento che ha giocato un ruolo di rilievo nella vicenda è la partecipazione all’evento di uno special guest d’eccezione: il proprietario della piattaforma Elon Musk. Indubbiamente una figura che può risultare ingombrante, soprattutto se il fulcro dell’iniziativa è presentarsi agli elettori in vista delle primarie. Il proprietario di Twitter, infatti, non ha mancato di approfittare dell’occasione per mettere in risalto sé stesso e valorizzare la piattaforma a tratti monopolizzando la conversazione e orientandone i temi. Insomma, non la migliore pubblicità per il Governatore della Florida.
Purtroppo per De Santis, l’evento ha in larga parte disatteso le speranze iniziali. I molti problemi tecnici – e probabilmente anche organizzativi – hanno portato commentatori e giornalisti a definire l’iniziativa un flop. A causa delle troppe connessioni, infatti, la diretta è saltata prima ancora di iniziare e gli spettatori hanno dovuto attendere una ventina di minuti prima di ascoltare le parole del candidato repubblicano, troppi per i tempi dei social. A sua discolpa, pare che Musk avesse avvertito De Santis che “i server (erano) un po’ sotto pressione”.
Si è parlato di disastro e di assist nei confronti dello sfidante, che a dirla tutta – nella corsa alla Casa Bianca – partiva già ampiamente favorito. Come al solito poi, a fare da cassa di risonanza alle critiche sull’evento è stato soprattutto il web. Abbiamo quindi provato ad analizzare alcuni flussi informativi online per comprendere con esattezza: cosa ne pensano gli elettori?
Come ha reagito la Twitter-sphere?
Prima di procedere con l’analisi di quanto avvenuto online e sulla piattaforma social, è opportuno conoscere meglio il campo da gioco. Sappiamo tutti che in Italia Twitter, con i suoi circa 10 milioni di utenti, non gode della stessa fama delle altre piattaforme e, soprattutto, laddove è possibile trovare un pubblico più nutrito, si tratta spesso di nicchie di utenti con caratteristiche ben precise e tendenzialmente un elettorato già schierato politicamente, per cui difficile da influenzare. Ma negli Stati Uniti? Secondo uno studio pubblicato l’anno scorso dal Pew Research Center, solo un americano su 5 afferma di utilizzare la piattaforma (20%), dunque una porzione limitata se messa a confronto con il 69% di Facebook e l’81% di YouTube. Numeri molto diversi a fronte, va’ ammesso, di piattaforme altrettanto diverse: Facebook è da sempre un social generalista, con un pubblico vario e molto diversificato, e YouTube ha sempre avuto più l’aspetto di una piattaforma streaming che di un vero e proprio social. Ad ogni modo, nel momento in cui si sceglie Twitter come palco per lanciare la propria campagna elettorale, non si può non tener conto di queste statistiche.
In secondo luogo – e questo ci induce ancor più a dubitare della strategia di De Santis – la piattaforma pare essere utilizzata molto più da utenti democratici che repubblicani: un buon 32% di coloro che si identificano con l’area democratica o democratico-indipendente contro appena il 17% di chi si definisce repubblicano. Da aggiungere che questo “sparuto” gruppo di repubblicani considera in larga parte Twitter un “male per la democrazia americana”.
Venendo all’evento, la disfatta ha avuto una portata tale da creare e mandare in tendenza su Twitter un nuovo hashtag: #DeSaster. Un disastro (per l’appunto) che ha danneggiato non solo la campagna elettorale di De Santis per le primarie, ma anche la piattaforma di Elon Musk, che ha mostrato tutte le sue debolezze e fragilità.
Come accennato, molte persone hanno lasciato la diretta streaming – stanche per i problemi tecnici – molto prima che il Governatore della Florida iniziasse a parlare. Skyleigh Heinen, veterana e attivista per i diritti sociali, rilanciando un’infografica della MSNBC sui picchi di audience di alcune importanti dirette streaming degli ultimi anni, fa notare che sono stati appena 300 mila gli utenti connessi durante il lancio della campagna di Ron De Santis. Un numero sicuramente non esaltante se comparato con quello di altre live sulle piattaforme social e di streaming: per restare in politica, ad esempio, la deputata Alexandria Ocasio Cortez, in una diretta su Twitch in cui si filmava mentre giocava ai videogames, ha raggiunto un picco di ben 430 mila utenti collegati.
Malcom FleX – lottatore professionista di MMA e, come lui stesso si definisce su Twitter, “Political High-Capacity Assault Shitposter”– con un seguito di circa 120 mila follower – si è espresso sulla questione affermando che “Oggettivamente, il lancio di Ron DeSantis e i successivi sforzi per rimediare a quel lancio sono stati uno dei top10 lanci presidenziali #Desaster nella storia moderna. E questo la dice lunga se si considera tutto quello che abbiamo visto dai primi anni 2000 (…) ogni caso, l’intero evento, dall’inizio alla fine, non è stato all’altezza della situazione”.
Come si diceva, vittima delle critiche è stato anche il proprietario del social, da molti attaccato dopo il licenziamento di gran parte dei suoi dipendenti, con evidenti ricadute sul funzionamento di Twitter. Sulla questione, si è espresso con un tweet anche Jeff Tiedrich, blogger da oltre un milione di follower, rilanciando un proprio articolo in cui spiega: “Come si può essere sorpresi? Elon ha licenziato tutti i suoi ingegneri. L’intera app è tenuta insieme con nastro adesivo e gomma da masticare. Il sito funziona a malapena così com’è. Una volta Twitter era in grado di fare queste cose: quando Buzzfeed ha fatto esplodere un’anguria, ottocentomila persone hanno assistito all’evento. Ma questo accadeva prima che Twitter fosse gestito da un idiota placcato d’oro. Quello a cui abbiamo assistito tutti è stata la metafora perfetta di una campagna elettorale che è già un disastro dopo l’altro”. Considerazioni che sembrano essere ampiamente condivise stando alle oltre 400 condivisioni e ai 2.500 like.
Ovviamente non poteva esimersi dal dire la sua anche Donald Trump, l’avversario principale di Ron De Santis in questa corsa per le primarie del Partito Repubblicano. L’ex-Presidente degli Stati Uniti, in un post sulla sua piattaforma Truth, ha scritto: “Wow! Il lancio di DeSanctus su Twitter è stato un disastro! La sua intera campagna sarà un disastro. State a vedere!” e ancora “Il suo annuncio presidenziale, anche con un microfono rotto (non pagare il fornitore, Tim!) è stato di gran lunga il migliore della settimana. Quello di Ron è stato una catastrofe”.
Una campagna già conclusa?
L’iniziativa non è sicuramente stata all’altezza e rischia di condizionare negativamente anche il proseguo della campagna elettorale di De Santis. Non stupisce dunque che nei giorni successivi al #DeSaster i sondaggi abbiano visto un calo dell’apprezzamento verso il Governatore della Florida, accompagnato da un crescente distacco da Donald Trump, ormai strafavorito nelle primarie del GOP.
Ad ogni modo, come fa notare Kaleigh Rogers in un articolo su FiveThirtyEight, quella del 2024 si prospetta essere la campagna elettorale più online di sempre, e si sa, online la memoria è corta. Chissà che gli elettori non dimentichino in fretta anche questa brutta figura.
Un’ultima riflessione che non possiamo esimerci dall’esprimere riguarda la direzione che avrebbe dovuto prendere Twitter, secondo l’annuncio che ne fece il suo attuale proprietario al momento dell’acquisizione: un social più libero, non di parte e non costruito, senza barriere o “discorsi preconfezionati”, un social che garantisse il più ampio spazio pubblico possibile. Negli ultimi tempi tutto ciò non si è visto: al di là della riammissione di Donald Trump sulla piattaforma (che tra l’altro non ha più twittato da allora), opinioni critiche e contrarie alla gestione di Musk sono state sospese o messe a tacere, e la spunta blu del verificato è diventato un bonus a pagamento (quasi un bene di lusso), e lo stesso evento di lancio della campagna di Ron De Santis è stato – errori a parte – ben pianificato vedendo alternarsi nel Q&A quasi tutti sostenitori del Governatore, persone che difficilmente l’avrebbero messo in difficoltà, dunque non una platea di oppositori pronti ad avviare un acceso dibattito di confronto.
Probabilmente un’occasione unica – data la sua natura in live streaming – di far essere la piattaforma veramente libera e senza filtri. Un’occasione che in tutta evidenza Elon Musk ha sprecato.