Di Maio (IV), legge elettorale: sì al maggioritario, in subordine rivediamo il Germanicum

Lunedì 27 luglio approderà presso l’Aula della Camera il disegno di legge in materia elettorale. Se ai fini del negoziato sui suoi contenuti risulterà dirimente il peso elettorale che le urne attribuiranno alle forze politiche vale la pena soffermarsi sul punto di vista di Italia Viva, illustrato dall’on. Marco Di Maio nell’intervista esclusiva a «The Lobster».

1) La celebrazione delle elezioni regionali e il referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari, cui farà seguito la presentazione della Nota di aggiornamento al DEF (NADEF) e l’avvio della sessione di bilancio, sembrano rendere impraticabile l’ipotesi di elezioni anticipate nel breve periodo. L’unica finestra elettorale che residua, prima del semestre bianco, è nella primavera 2021: viene meno a suo giudizio quell’urgenza di una nuova legge elettorale, avvertita fino a pochi mesi fa? Il cosiddetto Germanicum (proporzionale con sbarramento al 5% e diritto di «tribuna») continua a rappresentare un punto di equilibrio per le forze di Governo? Quali migliorie possono apportarsi a tale disegno di legge? Quali sono i margini politici per addivenire ad un’intesa con l’opposizione in questa materia?

L’esame di una nuova legge elettorale aveva preso le mosse da considerazioni diverse dalla volontà di inserirsi in una eventuale finestra elettorale per portare il Paese alle urne. Il punto faceva parte di un insieme di considerazioni connesse agli effetti della legge di riduzione del numero dei parlamentari. Posto che la nostra preferenza era e rimane da sempre per un sistema di tipo maggioritario, che Matteo Renzi ha sintetizzato con il modello del “sindaco d’Italia”, penso che punti di discussione nelle prossime settimane saranno certamente l’istituzione del “diritto di tribuna” e la soglia di sbarramento, due temi che ritengo debbano essere tra quelli oggetto di ricerca di un’intesa anche con l’opposizione o almeno una parte di essa. Il nostro obiettivo, come parte politica, è quello di lavorare per un testo finale che almeno in parte accolga il favore anche di chi non sostiene il Governo. In passato, quando è toccato a noi governare avendo ruoli di guida dell’Esecutivo, abbiamo sempre lavorato con questo metodo e anche la legge Rosato attualmente in vigore ha goduto di un consenso parlamentare molto più ampio di quello delle sole forze che all’epoca sostenevano il Governo.

2) Lo scorso ottobre, in occasione del voto favorevole alla legge costituzionale di riduzione del numero dei parlamentari patrocinata dal Movimento 5 Stelle, i capigruppo delle forze di «maggioranza» del Governo «Conte II» sottoscrissero un documento con cui si condizionava il voto favorevole all’approvazione di un pacchetto di mini-riforme. Oltre alla succitata legge elettorale venivano previste tre riforme costituzionali: la modifica della base territoriale di elezione del Senato; l’armonizzazione dell’elettorato attivo e passivo di Camera e Senato; la diminuzione del numero di delegati regionali per l’elezione del Presidente della Repubblica. Ritiene ancora valida quell’intesa? Qual è lo stato dell’arte? È da ritenersi accantonato il disegno di legge costituzionale che introduceva il referendum propositivo?

Quell’intesa è ancora valida, anche se far finta che nel frattempo non sia cambiato tutto sarebbe miope; di certo non sarà sufficiente per ammodernare le nostre istituzioni. Tutti i provvedimenti di legge stanno procedendo nel loro iter parlamentari, si sono svolte anche audizioni di approfondimento che hanno consentito anche di arricchire il dibattito attorno a questi temi. In quell’accordo non c’era nulla che facesse riferimento alla legge costituzionale sul referendum propositivo che la nostra parte politica ritiene del tutto irricevibile nella formulazione votata in prima lettura su impulso della precedente maggioranza Lega-5stelle. Quel modello di referendum proposito è distorsivo della democrazia e punta a mettere in contrapposizione le istituzioni rappresentative e i cittadini: una mina alla base di una repubblica parlamentare, di una democrazia rappresentativa come la nostra.

3) Fra gli «impegni comuni», assunti dai Capigruppo della maggioranza nell’ottobre 2019, figura anche la modificazione dei regolamenti parlamentari. La riduzione del numero dei parlamentari comporterebbe, infatti, diversi e significativi problemi in termini di organizzazione interna delle Camere e funzionalità dei lavori parlamentari. La modificazione dei regolamenti può essere l’occasione, come di recente auspicato dal prof. Volpi, «per delimitare gli istituti a favore della maggioranza introdotti negli ultimi decenni e rafforzati da un’interpretazione presidenziale spesso estensiva»? In questa peculiare opera di riforma quali principi vanno perseguiti?

È un lavoro molto delicato e che, per quanto mi risulta, è in uno stato ancora molto arretrato. Penso che i principi di tutela delle minoranze siano assolutamente sacrosanti e vadano tutelati; avendo vissuto l’inizio di questa legislatura da parlamentare di opposizione e conoscendo da qualche anno i regolamenti parlamentari, penso che accorgimenti siano necessari principalmente per rendere più efficienti i lavori della Camera e delle commissioni. Spesso ci sono passaggi ridondanti (lo svolgimento delle pregiudiziali di costituzionalità, ad esempio, che ormai hanno perso completamente il loro significato e sono solo un “antipasto” del dibattito di merito, usate solo a scopo ostruzionistico) e lungaggini inspiegabili come quella che impone uno stop di lavori di tutta la Camera dal momento in cui viene posta la fiducia su un provvedimento fino alle 24 ore successive. Onestamente più che un problema di compressione dei diritti delle opposizioni, quindi, ravviso un problema di efficienza, chiarezza e programmazione dei lavori parlamentari. E in questo una modifica dei regolamenti può certamente intervenire in maniera utile e salutare, anche per rafforzare la credibilità delle istituzioni.

Marco DI MAIO

Nato a Forlì il 30 ottobre del 1983. È stato eletto alla Camera dei Deputati la prima volta nel 2013 dopo aver vinto le primarie con altri sei concorrenti; nel 2018 è stato confermato per un secondo mandato trainando la coalizione di centrosinistra alla vittoria nel collegio uninominale maggioritario Forlì/Faenza.

Iscritto all’albo dei giornalisti dal 2002, nel 2003 ha fondato il quotidiano RomagnaOggi.it. Nel 2009 è stato eletto presidente nazionale di ANSO, l’Associazione che racchiude tutte le testate giornalistiche locali su internet, incarico ricoperto fino a marzo 2012.

Il suo impegno politico è cominciato nel 2004 nel Comitato di quartiere della sua zona (Villa Rotta-Carpinello), poi nel 2007 con la nascita del Partito Democratico è stato eletto segretario del circolo della Cervese. Nel gennaio 2010 è stato eletto segretario territoriale del Partito Democratico, incarico che ha ricoperto fino all’ottobre del 2013.

Nella prima legislatura alla Camera dei Deputati è stati componente della Commissione Finanze e della Commissione Affari costituzionali, Presidenza del Consiglio e Interni (in questo caso in sostituzione del ministro per le Riforme e i Rapporti con il parlamento, Maria Elena Boschi). Ha fatto parte della Presidenza del gruppo Deputati PD con l’incarico di segretario.