Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rappresenta uno strumento cruciale per l’Italia nel tentativo di affrontare la crisi economica e sociale scaturita dalla pandemia di COVID-19, oltre che un’occasione irrinunciabile per garantire un effetto leva al sistema-Paese nel suo complesso. Le ultime stime rilevate dall’Upb nel suo Rapporto sulla politica di bilancio prevedono infatti, ad oggi, un impatto sul Pil di quasi tre punti percentuali al 2026. Tuttavia, nonostante la rilevante portata del Piano e l’impatto auspicato, il Governo è ora alle prese con alcuni grattacapi di non poco conto, che riguardano sia la concreta applicazione che le interlocuzioni in corso in sede europea, con importanti riflessi sul dibattito politico interno e sulle interlocuzioni con le altre istituzioni della Repubblica.
Se fin dall’inizio uno dei principali problemi è stato il ritardo nella presentazione del PNRR all’Unione europea, nell’attuale fase i due fronti caldi riguardano, in particolare, le complessità burocratiche connesse alla messa a terra dei progetti e i contenuti di aggiornamento del Piano. In particolare, il Governo ha rassicurato sul fatto che sarà rispettato il termine ultimo per la presentazione alla Commissione Ue delle proposte di revisione del PNRR, fissato al 31 agosto, entro il quale dovrà essere formulato anche il capitolo aggiuntivo dedicato al RepowerEu, volto a fronteggiare la crisi energetica.
Le criticità emergenti e la quantità di risorse riservate al nostro Paese rendono l’Italia unosservato speciale agli occhi della Commissione europea. Nonostante gli inviti a consegnare la revisione con anticipo sulla scadenza, Palazzo Chigi ha infatti annunciato che si prenderà fino all’ultimo giorno disponibile, considerato lo sforzo necessario all’individuazione dei progetti irrealizzabili e alla conseguente riallocazione delle risorse. Se ancora poco trapela con riferimento alle istruttorie in corso sui progetti passibili di esclusione, è già noto che quelli legati al Repower riguarderanno il rafforzamento delle infrastrutture, la decarbonizzazione delle imprese e l’aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili. È stato poi lo stesso Ministro per gli Affari europei e il PNRR Fitto ad alzare la posta, chiedendo alle amministrazioni – per ragioni di coordinamento – anche una revisione concomitante dell’utilizzo dei fondi strutturali e del fondo nazionale di sviluppo e coesione.
Tuttavia, è la terza relazione sull’attuazione del PNRR, presentata alle Camere dallo stesso Fitto, ad ammettere le difficoltà nella messa a terra dei progetti, richiamando i “numerosi ostacoli” che hanno richiesto un plus di impegno amministrativo. Ammontano infatti a 120 le misure rispetto alle quali sono stati rilevati elementi di difficoltà attuativa, ed il 10% del totale riscontra gli elementi di maggior debolezza. Le problematiche riguardano, sempre stando alla relazione, eventi e circostanze oggettive quali l’aumento dei costi e/o la scarsità delle materie prime, così come gli squilibri di mercato, e l’impreparazione del tessuto produttivo o la scarsa attrattiva degli investimenti previsti.
L’aspetto più delicato riguarda, però, il profilo della capacità amministrativa. Nella stessa relazione si legge che le principali difficoltà risiedono nei processi normativi, amministrativi e gestionali delle misure, di cui risentono 60 investimenti e 16 riforme. L’attuazione del PNRR richiede infatti un’ampia cooperazione tra il governo centrale, le regioni, gli enti locali e le altre parti interessate. Questo ha portato a una complessità burocratica significativa, rallentando l’avanzamento delle iniziative. La necessità di coordinare diverse strutture amministrative, rispettando procedure e regolamenti specifici, sta rappresentato uno scoglio difficile da superare. Le difficoltà si riscontrano in misura significativa rispetto alla capacità degli enti locali di rispondere ai bandi ministeriali, soprattutto a causa della mancanza di competenze gestionali e della stessa mancanza di personale, cui non si è riuscito appieno a far fronte. I comuni gestiscono al momento il 47 per cento dei fondi del PNRR e faticano a reperire tecnici, poiché le assunzioni offerte sono solo temporanee, legate alla realizzazione del Piano.
Se il Commissario per l’economia Gentiloni ha rassicurato sull’arrivo della terza ratada 19 miliardi, i cui approfondimenti sarebbero ormai prossimi alla conclusione (pur avendo richiesto più tempo del previsto), altrettanto non si può dire con riferimento alla quarta rata. È infatti la stessa relazione a profilare il rischio che l’Italia si possa bloccare nell’attuazione delle scadenze del semestre in corso, con la conseguenza di non poter richiedere tale rata entro la scadenza prevista a fine giugno. Dato il coinvolgimento nel processo di revisione del Piano di alcuni degli adempimenti necessari all’inoltro della richiesta della rata, questa potrebbe quindi slittare ad un momento successivoall’approvazione delle modifiche, con il rischio di ulteriori ritardi nell’avanzamento dei lavori e della spesa.
Lo stato delle cose produce, fatalmente, tensioni non solo di carattere politico, ma anche nei rapporti tra le istituzioni coinvolte. È successo così che il Governo, con il fine di alleggerire gli adempimenti, abbia di recente approvato un emendamento che prevede lo stop al controllo concomitante della Corte dei conti sugli appalti pubblici legati al PNRR, producendo uno scontro con gli stessi magistrati contabili, che si sono detti nettamente contrari alla misura. E, mentre l’Unità di informazione finanziaria di Bankitalia ha segnalato un incremento delle segnalazioni antiriciclaggio di operazioni sospette sui fondi che il Pnrr destina alle imprese, è stata anche l’ANAC a richiamare l’importanza di efficaci presidi di prevenzione della corruzione.
Resta vivo anche il dibattito parlamentare sul tema. Solo nell’ultimo periodo sono stati discussi diversi atti di indirizzo che hanno riguardato sia le iniziative in merito al Piano RepowerEU che, più di recente, quelle in materia di attuazione del PNRR. Proprio nell’ambito della discussione di questo secondo tema è stato accolto un impegno al Governo che proveniva dalle opposizioni, volto a vietare l’utilizzo delle risorse di pertinenza del PNRR per la produzione di munizioni e armamenti in conseguenza degli aiuti forniti all’Ucraina. La mozione di maggioranza approvata esorta invece il Governo, oltre agli indirizzi volti genericamente ad adottare le iniziative necessarie all’attuazione corretta e tempestiva del Piano, anche ad un maggior coinvolgimento della società civile nella fase attuativa.
Sono dunque mesi caldi quelli che attendono il Governo, a mano a mano che i nodi si avvicineranno al pettine. Dopo la revisione della governance del Piano operata dal Governo Meloni, che ha determinato un accentramento delle funzioni presso la struttura di missione della Presidenza del Consiglio, l’Esecutivo dovrà infatti dimostrare di riuscire a far fronte alle crescenti difficoltà, per tentare di attingere nella maniera più ampia possibile alle opportunità di sviluppo offerte dal PNRR.