«Conte I» vs «Conte II», continuità vs discontinuità, Di Maio vs Conte; e poi ancora vincitori e vinti della crisi estiva, l’ipotesi proporzionale, le mosse di Salvini e quelle di Renzi. Una panoramica a tutto tondo sul nuovo scenario politico quella offerta da Augusto Minzolini, nell’intervista esclusiva per «The Lobster».
L’esito della crisi sancisce la nascita di una maggioranza politica di segno opposto alla precedente, da un esecutivo giallo-verde si passa ad uno giallo-rosso: su quali dossier si misurerà la professata discontinuità programmatica? Chi sono i vincitori e gli sconfitti di questo agosto 2019?
In realtà, l’elemento che colpisce di meno in questo nuovo esecutivo è proprio il programma di Governo, generico e contraddittorio, come quello precedente. Quello che è caratterizzante, è più che altro il progetto politico. Il punto focale di discontinuità si misurerà infatti, più che nel programma, nel diverso approccio nei confronti dell’Unione europea: da un lato, una posizione di alternativa all’ Europa e dall’altra, un tentativo di mutarne gli equilibri scegliendo come interlocutori i Paesi più attenti alle politiche di sviluppo. Per quanto riguarda invece il tema dei vincitori e degli sconfitti di questo agosto 2019, senz’altro è evidente come Renzi sia riuscito, da una posizione di partenza marginale ed emarginata, a riprendere centralità. Salvini ha fatto al contrario un grave errore di sottovalutazione delle forze in campo, dimostrando anche una certa contraddittorietà: ha aperto prima una crisi contro il Movimento 5 stelle, per poi, nei giorni successivi, proporre la premiership a Di Maio. Quella che è emersa è una grande capacità comunicativa e di propaganda del leader leghista, ma una grande difficoltà nella strategia, soprattutto parlamentare.
L’ “istituzionalizzazione” del Movimento 5 Stelle ha coinciso con l’ascesa della leadership di Giuseppe Conte e l’apparente ridimensionamento di quella di Di Maio. Siamo di fronte a un punto di svolta per il Movimento? Quali conseguenze può avere per il Governo questo dualismo?
Quella di Conte più che una leadership, la definirei un tentativo e una capacità di ascriversi in quel filone di figure chiamate una volta “riserve della Repubblica“: il suo appare non come un ruolo politico, ma rimanda bensì a un’immagine squisitamente tecnica. Far derivare da qui la possibilità di avere un seguito rilevante sul piano del consenso è un azzardo, tutto da vedere e misurare. È accaduto molto spesso infatti che il ruolo desse immagine, ma creasse miraggi. Un esempio? La parabola brevissima di Mario Monti. Per quel che riguarda Luigi Di Maio invece, il maggior problema che deve affrontare è quello di dare una risposta alle difficoltà di un partito trasversale e con grandi limiti. Al contempo però, è altrettanto evidente la sua capacità di mantenere un’immagine forte; basti pensare alla formazione del Governo, dove a fronte della perdita del ruolo di vicepremier, ha ottenuto non solo un ministero di peso per sé, ma anche ruoli di peso nell’esecutivo per i suoi fedelissimi, come Fraccaro e Patuanelli.
Il mancato ritorno alle urne e il possibile varo di una legge proporzionale pura pongono la Lega di fronte ad uno scenario imprevisto. Possono dirsi riaperti i giochi nella Lega e nel centro-destra?
Il tentativo duro di Salvini di bloccare il proporzionale addirittura utilizzando lo strumento del referendum dimostra come per lui la battaglia sulla legge elettorale sia vitale: con il proporzionale infatti, esisterebbe Matteo Salvini come leader della Lega, ma verrebbe meno il salvinismo, il progetto dei pieni poteri. Sul fronte della leadership interna invece, bisogna tenere presente che la Lega è l’ultimo partito “bolscevico“: come è successo anche con Bossi e Maroni credo che l’unico detonatore per lui potrebbe essere solo un “incidente” di percorso.
Con accenti diversi, Renzi, Calenda, Toti, Cairo, Carfagna, continuano ad evocare la necessità di un nuovo soggetto “centrista”, cui – secondo alcune indiscrezioni – guarderebbe in ultima istanza lo stesso Conte. In uno scenario proporzionale quanto può valere un’offerta elettorale di questo tipo?
Partiamo con il dire che Il proporzionale è l’habitat naturale di soggetti politici di questa natura, ma fra i personaggi citati ci sono profonde differenze. Mentre nella politica di Renzi questo progetto centrista è nitido, forse per la sua estrazione democristiana, in quello degli altri la cosa appare più confusa. Non so che pensiero abbia Calenda rispetto al proporzionale o al maggioritario e anche l’atteggiamento tenuto durante la crisi di Governo non mi sembra moderato nella strategia. In Toti poi, l’idea centrista appare come minoritaria, un’appendice del salvinismo. Cairo al contrario potrebbe avere un ruolo di primo piano, avendo tutte possibilità per investire in questo schema, ma occorre attendere e vedere se sia disposto a farlo e in quali tempi. Da ultimo, Carfagna: anche lei avrebbe questa possibilità, ma quando hai uno scenario ben preciso e tendi a cambiarlo, facendo entrare soggetti diversi con strategie diverse, risulta chiaro come questi disegni possano imporsi solo se animati da una buona dose di coraggio.