1. Il semestre di presidenza tedesco del Consiglio dell’Unione Europea, che si è appena concluso, segna un punto di svolta nella vicenda comunitaria. L’intesa su Brexit, l’accordo con la Cina sugli investimenti e ancor prima le conclusioni del Consiglio europeo straordinario, che hanno sancito il varo del Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 e dell’associato programma Next Generation EU, coincidono tuttavia col tramonto della parabola politica di Merkel. Che impatto può avere sugli equilibri europei la fuoriuscita della Cancelliera? Come è cambiata in questi sedici anni la concezione tedesca della politica dell’Unione europea?
Non parlerei del “tramonto della parabola politica” della Merkel, anche se la sua “fuoriuscita” avrebbe meritato una maggiore simpatetica attenzione pubblica. Ma in fondo è (stato) il suo stile di agire e di fare senza enfasi. Nella sostanza tutti gli episodi e gli eventi menzionati nella domanda hanno sempre visto la sua attiva partecipazione. Personalmente tempo fa ho espresso su “la Stampa” un giudizio molto impegnativo: “Merkel talvolta sembra essere diventata l’unica autorità decisionale dell’Ue. Lo è per la grande capacità di mediare e di far accettare compromessi”. Questo comportamento però non è necessariamente sempre felice. L’ultima prova dello stile decisionale della Cancelliera si è vista nella sua qualità di presidente di turno dell’Unione europea, quando ha convinto Ungheria e Polonia a non porre alcun veto all’approvazione del Recovery Fund. Il veto era minacciato per protesta contro il principio che l’elargizione dei fondi europei presuppone la qualità di stato di diritto dei richiedenti. Secondo i governi ungherese e polacco invece, stato di diritto e accesso ai fondi devono essere considerate due questioni diverse.
Il problema – come si vede – è molto serio. Secondo molti, invece, il comportamento della Merkel è stato troppo compromissorio, se non un cedimento al ricatto ungherese e polacco. In realtà la strategia di Angela Merkel è stata più sofisticata sia pure con un margine di ambiguità. Davanti all’obiettivo urgente e improcrastinabile di utilizzare subito il fondo di recupero Covid-19 da 750 miliardi di euro, Merkel ha delegato la determinazione dei vincoli imposti dallo stato di diritto ai membri dell’Ue ad “una visione condivisa del problema”. Praticamente il ricorso alla Corte di giustizia europea, che peraltro agirebbe chissà quando e come. Un compromesso dunque, che lascia sullo sfondo la sostanza del problema.
2. La scelta di Merkel di consentire l’uso della tecnologia Huawei nelle reti 5G tedesche e l’ormai prossima conclusione del Nord Stream 2, il raddoppio del gasdotto tra Russia e Germania, alludono ad un ruolo «terzo» della Germania e, per estensione, dell’Europa nel confronto strategico internazionale tra le due sponde del Pacifico. Un ruolo che tuttavia non può dirsi acquisito per l’intera CDU, alla luce dei propositi espressi dalla Ministra Kramp-Karrenbauer in materia di «autonomia strategica» Ue, dopo l’elezione di Biden. A quali logiche rispondono le relazioni tra Washington e Berlino oggi? Il congresso della CDU, prima, e le elezioni politiche di settembre, poi, in che misura e in quale direzione possono modificare il quadro internazionale della Germania e i suoi rapporti con la Francia?
In effetti le operazioni sopra elencate alludono ad un ruolo ‘terzo’ della Germania. Ma sarei restio a definirle anche operazioni europee tout court. Troppo spesso infatti i tedeschi parlano di interesse dell’Europa quando perseguono i loro (legittimi) interessi nazionali. Non a caso i francesi sono sempre sospettosi verso un’eventuale dominanza tedesca sul piano europeo e mondiale. Ma l’esigenza d’ “autonomia strategica” europea (in competizione con gli Usa), su cui tanto insiste il presidente Francese Macron, rimane una prospettiva tutta da realizzare. Ma i tedeschi non vogliono assolutamente assumere posizioni anti-americane.
Vorrei spendere invece una parola sulla presunta volontà egemonica della Germania. È un errore mettere sotto accusa la forza di condizionamento della Germania in Europa come espressione di una sua consapevole intenzione egemonica. A parte la riluttanza di gran parte di questa classe dirigente a riconoscersi in questa prospettiva, ci si deve chiedere se sia interesse della Germania aspirare ad una posizione di responsabilità diretta e manifesta, anziché far valere il proprio peso, oggettivamente dominante negli equilibri istituzionali esistenti, attraverso un confronto continuo con i partner. Certo: in Europa non si può decidere nulla senza la Germania, tanto meno contro di essa. Questa affermazione suona antipatica, ma rispetta la dinamica stessa della democrazia nell’Unione: discutere, dibattere, convincere, contestare, al limite minacciare, ma senza arrivare alla rottura. È lo stile incarnato con successo dalla Cancelliera Angela Merkel. L’espressione “egemonia”, del resto, usata nella pubblicistica internazionale nei confronti della Germania è accompagnata frequentemente da qualificativi che la limitano: egemonia riluttante, controvoglia, o anche incapace/inadeguata. C’è chi si accontenta della variante verbale compromissoria di “semi-egemonia”. Quando invece è usata in senso positivo, diventa egemonia pedagogica, pragmatica, quasi etica. Il passo successivo decisamente affermativo parla della Germania come “nazione di orientamento” o di riferimento.
3. Alcuni analisti sottolineano che nessuno dei candidati alla presidenza della CDU avrebbe il profilo adatto per competere alla Cancelleria tedesca in occasione delle elezioni politiche del prossimo settembre. Prima del congresso della CDU si vociferavano, quindi, le possibili candidature del ministro della salute Spahn, cui tuttavia viene contestata in questa fase la gestione dei vaccini, del leader della CSU Soder mentre non veniva esclusa, per la prima volta, l’ipotesi di ricorrere ad un Cancelliere che non fosse leader né della CDU né della CSU. Riempire il vuoto lasciato da Merkel si preannuncia dunque molto impegnativo anche per un sistema politico molto rodato come quello tedesco. Quali scenari si delineano ad esito del congresso della CDU? Quali modificazioni programmatiche potrebbe determinare la sostituzione dei socialdemocratici con i verdi nella coalizione di governo a guida cristiano-democratica?
Non sono in grado di fare previsioni sul successore della Merkel. Gli esperti del Centre for European Reform (Cer) indicano nomi e tre vie possibili per la Cdu. Röttgen propone di continuare sul percorso centrista di modernizzazione ma rischia così di perdere elettori a favore del Partito liberale e dell’Alternative für Deutschland (AfD) senza dimenticare che le posizioni progressiste non hanno ampio sostegno nella Cdu. Merz vuole riportare la Cdu a destra per pescare nell’elettorato dell’AfD; ma questo rischia di lasciare spazio ai Verdi, che “la Cdu ha ormai identificato come principale rivale”. Infine, Laschet con Spahn cercherà “di tenere uniti centro e ala conservatrice”. Ma al di là delle intenzioni è evidente che nessun dei politici nominati ha l’autorevolezza acquisita dalla Merkel.
Il sistema politico tedesco potrebbe rivelarsi non così solido come è sembrato nei lunghi anni della cancelliera uscente. Non dimentichiamo che accanto ai socialdemocratici e ai Verdi, di cui si parla, ha fatto la sua comparsa l’ Alternative für Deutschland sinora tenuta rigorosamente ai margini e considerata ai limiti della legalità democratica . Ma un inatteso peggioramento socio-economico della Germania potrebbe attivare violente proteste di destra di cui c’è già qualche sentore nei Lӓnder orientali.
4. Molto si è scritto in occasione della crisi politica italiana dell’estate 2019 circa il sostegno di Merkel alla nascita del «Conte II»: è dunque opinione diffusa che l’attuale governo si regga su una forte sintonia e su un approfondimento del dialogo con Berlino. Molteplici interdipendenze legano del resto Roma e Berlino in termini di catene globali del valore, basti pensare all’automotive e alla componentistica italiana destinata all’industria automobilistica tedesca. Qual è la percezione dell’Italia presso l’establishment economico-finanziario tedesco? La presidenza del G20 quali opportunità determina per l’Italia nel rapporto con la Germania e con l’Unione europea?
È inutile negare che l’intera classe politica tedesca guarda in generale con preoccupazione all’ Italia – al di là dei sentimenti di “simpatia umana”. Può sembrare paradossale che i meno pessimisti siano quegli ambienti economici che hanno rapporti diretti di lavoro e di impresa Aziende e lavoratori italiani sono stimati. Il problema è la precarietà del sistema partitico e la instabilità dei governi. Non ho conoscenze di un sostegno specifico all’attuale governo Conte, che potrebbe spiegarsi per la sua natura moderata e dalla convinzione diffusa (anche da noi) che una sua crisi aprirebbe orizzonti imprevedibili. È ciò che maggiormente temono i tedeschi. Quello che non capisco e deploro è perché tra partiti italiani e tedeschi non ci siano più strettii rapporti di conoscenza reciproca.
Gian Enrico Rusconi è professore emerito di Scienza politica dell’Università di Torino. Per alcuni anni Gastprofessor presso la Freie Universitaet di Berlino. Tra le sue pubblicazioni: Germania Italia Europa. Dallo Stato di potenza alla ‘potenza civile’ (Einaudi 2003, trad. tedesca, 2006); Berlino. La reinvenzione della Germania (Laterza 2009). Cavour e Bismarck (il Mulino 2011; trad. tedesca 2013)