1. Il primo gennaio 2021 è entrato in vigore il codice civile cinese. La ragione generale delle codificazioni si rinviene nell’esigenza di rinforzare il principio di certezza del diritto, assegnando una più consistente quota di prevedibilità agli effetti dei rapporti giuridici, che scaturisce dalla conoscenza condivisa e pregressa del diritto applicabile. L’operatività di tale principio, pacifico per la nostra cultura giuridica, è stato condizionato e ritardato in Cina, oltre che dall’assenza di una codificazione, anche dalla ridotta vincolatività dei precedenti giudiziali e dai rapporti tra la sfera giuridica e quella politica. Cosa cambierà con l’introduzione di questo codice e come inciderà sull’attività degli operatori del diritto e sul legittimo affidamento di quelli economici?
L’entrata in vigore, il primo gennaio 2021, del Codice Civile della Repubblica Popolare Cinese è stata salutata, nella Cina continentale, come l’evento giuridico del Ventunesimo Secolo, paragonabile, per significato e rilevanza, a quanto rappresentato per lo sviluppo della scienza giuridica mondiale, nel Diciannovesimo e nel Ventesimo secolo, dall’emanazione rispettivamente del codice civile francese e di quello tedesco. Non a caso, l’immagine del presidente Xi è stata più volte accostata, dalla stampa internazionale e da quella interna, alla figura di Napoleone Bonaparte: al pari del grande condottiero, egli sarebbe stato infatti capace di portare a compimento, nel giro di breve, un’impresa da lungo tempo perseguita. E’ bene, infatti, ricordare come, a partire dallo smantellamento del sistema giuridico nazionalista, nel 1949, con la conseguente abrogazione del Codice Civile della Repubblica di Cina del 1929-31, l’idea di dotare la Repubblica Popolare Cinese di un Codice Civile non abbia mai veramente abbandonato i leader cinesi, che a più riprese hanno tentato, sia in epoca maoista, sia all’inizio del periodo di Riforma e Apertura, sia, infine, nei primi anni del nuovo secolo, di dare una struttura organica al diritto civile della Nuova Cina: basti pensare alle bozze di codice civile pubblicate, e mai entrate in vigore, nel 1954, 1964, 1982 e 2002. Il fallimento di questi tentativi – imputabile, a seconda dei momenti storici, a repentini cambi di politica o a considerazioni di opportunità – non ha, comunque, impedito al legislatore cinese di creare un “sistema di leggi socialiste con caratteristiche cinesi completo”, come affermato, nel 2011, dall’allora presidente del Comitato Permanente dell’Assemblea Nazionale Popolare, Wu Bangguo. Si tratta(va) del sistema formatosi nel corso di più di trent’anni di riforme, e che, a partire dai Principi Generali del Diritto Civile del 1986 fino alla Legge sulla Responsabilità Civile del 2009, passando attraverso la Legge sul Matrimonio (1980, 2001), la Legge sulle Successioni (1985), la Legge sull’Adozione (1991, 1998), la Legge sulle Garanzie (1995), la Legge sui Contratti (1999) e la Legge sulla Proprietà (2007) pareva poter fare a meno di una codificazione in senso proprio, avendo ormai disciplinato tutta la materia civile attraverso singole leggi. Per questo la pubblicazione, il 23 ottobre 2014, della “Decisione del IV Plenum del XVIII Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese su alcune importanti questioni riguardanti la piena promozione del governo dello Stato secondo diritto” fu accolta con un certo stupore: essa, al punto II. (4), indicava, tra le misure per “rafforzare la legislazione in aree cruciali” proprio la “redazione del codice civile”. Da quella data, il processo di codificazione ha seguito tappe forzate, che hanno portato dapprima all’entrata in vigore della Parte Generale del Codice Civile, il 1° ottobre 2017, e, infine, all’approvazione del primo Codice Civile della Repubblica Popolare Cinese, il 28 maggio 2020. L’importanza simbolica di questo avvenimento è, alla luce di quanto sopra esposto, fuori di dubbio; decisamente opinabile, almeno a mio avviso, è invece la sua rilevanza dal punto di vista pratico. Non mi pare, infatti, che esso abbia modificato in modo significativo il quadro giuridico di riferimento, né per gli operatori del diritto, né, tantomeno, per quelli economici. Il codice, costituito da 1260 articoli divisi in 7 libri (Parte generale, Diritti reali, Contratti, Diritti della personalità, Matrimonio e famiglia, Successioni e Fatti illeciti) non apporta, infatti, sensibili novità, costituendo per lo più una sistematizzazione, armonizzazione e (al limite) adeguamento alle mutate situazioni socio-economiche delle regole (già) contenute nelle singole leggi sopra citate, delle quali il suo ultimo articolo stabilisce l’abrogazione.
2. Fra gli ostacoli di natura giuridica che le imprese straniere hanno storicamente lamentato quando si affacciano sul mercato cinese, una menzione particolare meritano la proprietà intellettuale e la tutela del marchio. Quali sono le innovazioni che il codice prevede sotto questi aspetti e in materia di trasferimento di tecnologia?
Il legislatore cinese ha optato per mantenere la disciplina relativa alla proprietà intellettuale e alla tutela del marchio al di fuori del Codice Civile. La materia continua dunque ad essere regolata nel dettaglio da leggi settoriali, e in particolare dalla Legge sul diritto di autore (1990, 2001, 2010, 2020 – in vigore a partire dal 1° giugno 2021), dalla Legge sui marchi (1982, 1993, 2001, 2013, 2019) e dalla Legge sul brevetto (1984, 1992, 2000, 2020 – in vigore a partire dal 1° giugno 2021). Il codice si limita soltanto a garantire ai soggetti delle relazioni civili la facoltà di godere del diritto di proprietà intellettuale, definito come “il diritto di proprietà di cui godono i titolari del diritto in conformità con la legge in relazione ai seguenti oggetti: lavori, invenzioni, modelli di utilità e design, marchi, indicazioni geografiche, segreti commerciali, schemi di layout di circuiti integrati, nuove varietà di piante, e altri oggetti specificati dalla legge” (art. 123). Il diritto di proprietà intellettuale è poi menzionato, all’interno del codice, in alcune norme in materia di pegno (artt. 440 e 444), contratto di compravendita (art. 600), trasferimento di tecnologia (artt.844 e 876), regime proprietario tra coniugi (1062) e responsabilità civile (art. 1185). Ed è proprio quest’ultimo articolo a risultare il più interessante, tra quelli citati: esso prevede, infatti, la concessione di danni punitivi (in pratica: il riconoscimento, al danneggiato, di un risarcimento superiore all’ammontare del danno effettivamente subito), nel caso in cui la violazione del diritto di proprietà intellettuale sia intenzionale e grave. Si noti che, prima dell’entrata in vigore del Codice Civile, nel sistema giuridico cinese i danni punitivi erano previsti solo in caso di violazione del diritto di marchio in mala fede e in circostanze gravi (art. 63 Legge sui marchi 2013, fino ad un massimo di tre volte l’ammontare del danno subito) e per appropriazione indebita di segreti commerciali che avesse causato una perdita superiore ai 50.000 yuan (art. 18 Legge sulla concorrenza sleale 2017, fino ad un massimo di cinque volte la perdita effettiva). La novità introdotta dall’articolo 1185 non poteva, ovviamente, non influenzare la revisione delle leggi settoriali in materia di proprietà intellettuale: al pari della Legge sui marchi, ora anche la nuova legge sul diritto di autore e la nuova legge sul brevetto prevedono, rispettivamente all’articolo 53 e all’articolo 68, la possibilità di richiedere danni punitivi, che possono arrivare fino a una cifra di cinque volte superiore all’ammontare del danno subito.
Per quanto riguarda, invece la disciplina del contratto di trasferimento di tecnologia, è bene notare come essa sia oggi regolata all’interno del capitolo XX, Libro III del codice civile, intitolata, appunto: contratti di tecnologia. Analogamente a quanto accaduto alle altre norme in materia contrattuale, come quelle in parola precedentemente contenute nella Legge sui Contratti, anche le sezioni dedicate al contratto di trasferimento di tecnologia hanno subito solo limitate modifiche, volte più che altro a chiarire alcuni degli aspetti risultati più problematici alla luce dell’esperienza maturata nei venti anni trascorsi dall’entrata in vigore di suddetta legge. Tra le novità, ricordiamo quelle introdotte dall’articolo 862, che fornisce, per la prima volta, le definizioni di contratto di trasferimento di tecnologia e di contratto di licenza di tecnologia, specificando, inoltre, che le attrezzature speciali e le materie prime per l’implementazione della tecnologia, così come la fornitura di consulenza tecnica e i servizi tecnici correlati costituiscono parte integrante dell’accordo; l’articolo 868, che precisa che in un contratto di trasferimento o di licenza di know-how la parte cedente deve fornire i materiali e la guida tecnica, garantire l’applicabilità pratica e l’affidabilità della tecnologia, e rispettare l’obbligo di riservatezza, pur mantenendo il diritto di fare uso della tecnologia in oggetto, salvo diverso accordo tra le parti; l’articolo 876, che estende l’applicabilità delle norme riferite ai contratti di trasferimento e licenza di tecnologia al trasferimento e alla licenza relativi ad altri diritti di proprietà intellettuale, come i diritti relativi alla progettazione del layout di circuiti integrati, quelli relativi a nuove varietà di piante, o i diritti di autore riferiti a software di computer; l’articolo 886, infine, in cui si stabilisce che qualora un contratto di consulenza o servizi tecnici manchi di prevedere, o preveda in modo poco chiaro, chi debba pagare le spese ordinarie sostenute dal consulente o dal fornitore del servizio per svolgere il lavoro in oggetto, tali spese debbano essere imputate al consulente o fornitore del servizio.
3. In conclusione, come e in che misura l’introduzione di questo codice può migliorare il quadro di opportunità per le imprese italiane in Cina?
Come sopra notato, l’entrata in vigore del Codice Civile della Repubblica Popolare Cinese non ha modificato, se non marginalmente, la cornice giuridica all’interno della quale gli investitori stranieri si trovano ad operare. Il valore simbolico e politico di questa norma è, tuttavia, tale da riverberare anche sulla sua efficacia dal punto di vista pratico. L’emanazione del Codice Civile, infatti, non solo dimostra la maturità raggiunta dalla dottrina cinese in più di quattro decenni di riforme, e consente alla RPC di entrare, a pieno titolo, nella comunità dei Paesi di tradizione romano-germanica. “Cristallizzando” il diritto civile in una legge che, per la prima volta nella storia della Repubblica Popolare, contiene nel titolo la parola “codice”, essa indica anche il livello di stabilità acquisito dal sistema giuridico della Cina continentale, e il cammino compiuto verso una sempre maggiore certezza del diritto, almeno in ambito economico. Si tratta di segnali che non possono certo essere ignorati.
Simona Novaretti is an Associate Professor of Comparative Private Law at the University of Turin, School of Law, where she teaches Chinese Law, Comparative Law, and Law and Society in Asia. She graduated and obtained her Bachelor and Master’s Degree in Chinese Language and Literature from the University of Venice, Ca’Foscari, got her LLB and LLM from the University of Turin, School of Law, and got her Ph.D. in Comparative Law from the University of Milan. Her research activity focuses on Chinese Law. She has published articles on Chinese law and language, Chinese contract law, Chinese public interest law and Chinese law and society. She has published monographs on public interest litigation in China, and on public participation in the protection of cultural heritage in the PRC. She is now in the process of writing a book on the relationship between ethics and law in China. Simona is member of the scientific committee of the Interdisciplinary Center for Research and Studies of Women and Gender (Centro Interdisciplinare di Ricerche e Studi delle Donne e di Genere – CIRSDe) and of the Interdipartimental Center Labont – Laboratory for Ontology . She is also member of the European Chinese Law Association; of the Italian Association of Comparative Law; of the Italian Society for the Research on Comparative Law; of the Italian Association of Chinese Studies and of the Law Institute.