Manovra 2020: l’approfondimento

Quando il 30 settembre scorso il Consiglio dei Ministri ha licenziato la Nota di aggiornamento al Def (Nadef), dando inizio alla sessione parlamentare di bilancio, forte era la sensazione che il percorso innanzi al governo e al suo presidente del Consiglio sarebbe stato tortuoso. Dopo 84 giorni e un numero imprecisato di «vertici» – tra i quali spicca quello del 14 novembre alla presenza di ministri, sottosegretari, capi delegazione dei quattro partiti, capigruppo, presidenti di commissione e capigruppo in commissione, per un totale di circa 40 persone – quella scalata dalla maggioranza governativa sembra davvero una montagna.

Fin da principio il testo è stato oggetto di aspri contrasti politici. L’ipotesi di rimodulazione dell’Iva in questo senso ha rappresentato la prima battaglia campale nella «maggioranza». Sono seguiti poi scontri e polemiche, con una geometria politica assolutamente variabile, in materia di tetto al contante, multe sui Pos, sanzioni sulle indebite compensazioni, carcere per i grandi evasori, partite Iva e regimi forfettari, auto aziendali, plastic e sugar tax, detrazioni per spese sanitarie e si potrebbe continuare ancora.

Se la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia IVA, un «macigno» da 23,1 miliardi, ha costituito e costituisce ancora la spina dorsale della manovra, cui si accompagna il taglio del cuneo fiscale e il green new deal, poco sembra essere residuato dell’impostazione orientata al contrasto all’evasione fiscale che avrebbe voluto imporre il presidente del Consiglio, Conte.

L’approssimarsi delle elezioni regionali in Emilia Romagna ha prodotto ulteriori scossoni nell’area di governo. L’attivismo del governatore emiliano-romagnolo uscente – nonché candidato ad un secondo mandato – Stefano Bonaccini, affinché fosse espunta dalla manovra la plastic tax, in ragione della presenza in regione di un’importante filiera produttiva del settore, ha scompaginato lo stesso dibattito interno del Partito Democratico.

Al pettine, in ultima analisi, sono venuti i nodi e le differenze politiche tra le diverse forze e la modesta disponibilità alla sintesi che, in modo diverso, le stesse hanno dimostrato. Un complesso di circostanze che ha determinato anzitutto una lievitazione dei tempi di esame e approvazione della manovra in Senato. Il Quirinale ha quindi vigilato per scongiurare una conclusione dell’iter parlamentare a ridosso del 31 dicembre – termine dopo il quale scatterebbe l’esercizio provvisorio, caldeggiando contestualmente un’approvazione della manovra direttamente in seconda lettura, alla Camera.

Al ritorno dalle feste il governo è atteso dalla risoluzione delle crisi aziendali – su tutte Alitalia ed ex-Ilva – passando per le riforme istituzionali ed elettorali fino ad arrivare ai rapporti con l’Unione Europea. Sul tavolo della «maggioranza» la richiesta avanzata dal leader del PD, Nicola Zingaretti, di effettuare una «verifica» programmatica, il cosiddetto Piano Shock di Matteo Renzi per gli investimenti infrastrutturali e la richiesta di redigere un vero e proprio «contratto di governo» da parte del Movimento 5 Stelle. A Conte ancora una volta il compito di comporre ciò che la realtà politica sembra voler strenuamente dividere.