#PLASTICFREE: la riflessione FB Bubbles sulle più recenti dinamiche di advocacy

Cosa ci insegna una mobilitazione collettiva che si trasforma in legge (e non solo)?

Esiste una correlazione tra la mobilitazione spontanea a favore di una issue (tramite uscite di influencer, associazioni ambientaliste, media) e il suo inserimento nell’agenda istituzionale? Analizzando i dati sul dossier plastica, emerge una risposta affermativa.

Ciò che è possibile osservare rispetto al tema della plastica è un vero e proprio “ciclo di sensibilizzazione” partito dal basso e rivelatosi capace di influenzare il decisore pubblico, in particolare sotto due aspetti. In una prima fase (metà 2017 – marzo 2018) l’attenzione dell’opinione pubblica sul tema dell’inquinamento ha determinato una spinta per la Commissione europea a presentare un’iniziativa legislativa in materia, la Strategia europea sulla plastica. Questo passaggio a sua volta ha innescato (tra l’estate 2018 e la primavera 2019) un ulteriore meccanismo di attivazione di una pluralità di soggetti (campagne sulla pulizia delle spiagge, ordinanze di amministrazioni locali, iniziative eco-friendly delle imprese) che hanno incrementato l’attenzione dell’opinione pubblica  – le uscite online da maggio 2018 ad oggi a proposito di “plastica” sono 814.200 – e determinato un’accelerazione nella conclusione positiva dell’iter legislativo.

Nell’arena di formazione delle policy, il trend plastic free dimostra un insolito caso di vittoria
di Davide (i cittadini consumatori) contro Golia (le c.d. multinazionali).

Si è deciso infatti di affrontare un problema che nasce da un comportamento dei consumatori, ovvero il non corretto conferimento dei rifiuti di determinati prodotti con la soluzione drastica del divieto a carico di altri soggetti (le imprese) di produrli. Quali sono state le ragioni per cui questa opzione di policy ha prevalso, in astratto solo una delle alternative percorribili,? La capacità di community apparentemente poco numerose (come le associazioni ambientaliste) di intercettare sensibilità ancora latenti nell’opinione pubblica canalizzandole attraverso i social, il ruolo-moltiplicatore che gli influencer possono generare e quello di rinforzo dei media possono generare mobilitazioni collettive che, con l’effetto simile a quello di una snowball, assumono un effetto catalizzatore – a discapito della razionalità collettiva – dal quale sia per le imprese, per i decisori pubblici, diventa difficile sottrarsi.

Se non si può governare il processo, è importante almeno comprenderne la natura e adattarsi con tempestività.

In un contesto in cui emerge con chiarezza la direzione di un trend nell’opinione pubblica, come per la plastica, è più semplice per un’organizzazione cercare di essere il “pesce che guida la corrente” (ovvero adottare iniziative che rafforzino il proprio posizionamento pubblico su una issue emergente) piuttosto che provare a risalirla come una “trota”. Assume in questo senso un ruolo determinante il fattore-tempo: monitorare l’arena, intercettare i segnali, e soprattutto saperli connettere l’uno con l’altro per interpretarli correttamente. A questa esigenza risponde la necessità di un presidio costante delle issue di interesse, sviluppando la capacità di mettere in campo una pluralità di strumenti, a partire dal monitoraggio web delle community di riferimento, fucina di dati e indicazioni per definire strategie coerenti ed efficaci capaci di tramutarsi in azioni concrete e soprattutto misurabili nel tempo.

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