1. A dispetto delle performance nella gestione della pandemia, lusinghiera quella del centro-sinistra nel Lazio, infausta quella del centro-destra in Lombardia, il risultato delle prossime elezioni regionali, in programma il 12 e 13 febbraio, appare scontato. La coalizione di Governo dovrebbe confermarsi non soltanto in Lombardia, con l’uscente Fontana (Lega) ma conquistare anche il Lazio, con Rocca (indipendente, vicino a Fratelli d’Italia). Un probabile esito che sembra chiamare in causa la principale forza d’opposizione, quel Partito Democratico incapace di costruire in Lombardia un percorso di rottura del trentennale status-quo politico e di salvaguardare nel Lazio un’esperienza di governo plurale. Che significato hanno queste elezioni per le forze politiche nazionali?
A mio parere la variabile chiave che è alla prova in queste elezioni è la stessa che ha deciso le ultime elezioni politiche: ovvero la capacità totalmente diversa dei due grandi campi di centro-destra e centro-sinistra (in senso lato di “campo largo”: da M5S ad Azione) di coordinarsi strategicamente in vista delle elezioni. I dati sull’elettorato mostrano che ci sarebbe stata la possibilità di tenere insieme questi diversi elettorati; tuttavia, è mancata la capacità politica di farlo. Gli esiti alle elezioni politiche si sono visti: un campo di centrosinistra diviso in tre tronconi ha perso qualunque competitività col centro-destra, conducendo ai risultati noti. In Lazio e in Lombardia assistiamo a una parziale ricomposizione, che tuttavia testimonia il problema fondamentale: Il PD è incapace di costruire un dialogo efficace che riesca a ricomporre sia con il Movimento 5 Stelle che con i centristi, e al tempo stesso non riesce a fare scelte chiare e univoche, visto che in Lombardia è alleato con Movimento 5 Stelle e in Lazio con i centristi contro di esso. I sondaggi preelettorali dicono che né in Lombardia né in Lazio questa ricomposizione parziale sarà sufficiente a renderlo competitivo. Il risultato a mio parere, se confermato, metterà ulteriormente in crisi il PD.
2. Con l’approvazione della legge di Bilancio l’azione di Governo entra nel vivo. La modestia di risorse economiche a disposizione sembra indurre la “maggioranza” a privilegiare, in questa fase, obiettivi politici dall’alto impatto simbolico: si parla allora di riforme costituzionali e rassemblement conservatore mentre sembrano restare sullo sfondo i provvedimenti attesi in materia di PNRR e fisco. A guardare i sondaggi, che sanciscono il consolidamento del primato politico di Fratelli d’Italia, non sembrano esserci però rischi di deludere le aspettative dell’elettorato di centro-destra: cosa riserverà politicamente questo 2023?
La mia interpretazione del recente risultato elettorale vede il successo di Fratelli d’Italia essenzialmente dovuto alla capacità di interpretare l’agenda tradizionale del centrodestra: non inasprire la pressione fiscale né la lotta all’evasione, e cercare di diminuire la spesa sociale che beneficia le categorie dei lavoratori dipendenti a basso reddito, visto che la constituency tradizionale del centro-destra è concentrata nel lavoro autonomo e nei redditi più alti (quando non corrispondenti a élite culturali). In questo senso il governo si è mosso molto in linea con queste aspettative, tra l’altro soddisfacendo la richiesta dell’elettorato di centro-destra di superare il reddito di cittadinanza. Si tratta peraltro di un elettorato che, più che richiedere ricche misure di sostegno, punta essenzialmente a essere lasciato libero di condurre le proprie attività senza troppa interferenza da parte del governo e dello Stato.
3. Il primato politico nazionale del centro-destra è rafforzato dalla divisione dell’opposizione in tre lembi, in competizione tra loro. Numeri alla mano, anche in caso di crisi del centro-destra nel medio-periodo, non si ravvisano margini per maggioranze alternative: la stessa ipotesi “Ursula” non appare politicamente perseguibile, tenuto anche conto della maggiore “compattezza” – a differenza degli altri – dei gruppi parlamentari FdI, Lega e M5S. Quali fattori politici endogeni o esogeni possono modificare questo scenario politico?
Nel breve termine non vedo particolari motivi che potrebbero portare a una crisi radicale della compagine di governo. Oltretutto storicamente i governi di centro-destra non sono mai andati in crisi per tensioni interne, dato il pragmatismo che caratterizza i dirigenti di quello schieramento. Viste le divisioni dell’opposizione, non appare così probabile che i risultati delle elezioni amministrative possano mettere in crisi la compagine di governo. Possibili tensioni potrebbero emergere in occasione delle prossime elezioni europee del 2024, ma soltanto in caso di risultati eclatanti che mettessero addirittura in dubbio la leadership di Fratelli d’Italia. Si tratta a mio parere di eventualità non particolarmente probabili.
Lorenzo De Sio è professore ordinario di Scienza Politica presso la LUISS Guido Carli, e direttore del CISE – Centro Italiano di Studi Elettorali. È membro di ITANES (Italian National Election Studies). I suoi interessi di ricerca vertono sull’analisi quantitativa dei comportamenti di voto e delle strategie di partito in prospettiva comparata, con particolare attenzione al ruolo delle issues.