“Il metodo Draghi” è stato applicato in numerosi ambiti dell’attività di Governo: dalla gestione della crisi pandemica alla ripartenza economica nonché alla gestione delle nomine più importanti. In estrema sintesi, questo metodo si caratterizza per capacità decisionale, tempestività e rispetto degli equilibri politici.
Quando, con sorpresa di molti osservatori, il Governo fu formato, in marzo, il Presidente Draghi conferì le deleghe al coordinamento delle politiche spaziali e aerospaziali al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, On. Bruno Tabacci, il quale, nel corso della lunga carriera parlamentare, si era interessato alle tematiche del settore e, tra l’altro, aveva partecipato ad un gruppo parlamentare di coordinamento delle politiche del comparto.
A fine luglio, scoppiò l’affaire Tabacci: un’inchiesta giornalistica denunciò, in un primo momento, l’assunzione del figlio del Sottosegretario in un’azienda che opera nel campo dell’industria spaziale e, successivamente, che il Capo Segreteria Tecnica del Sottosegretario avrebbe ricevuto un contratto di consulenza di 80.000 euro da parte dell’Agenzia Spaziale Italiana per il controllo della gestione dei fondi del Piano Nazionale di Resilienza e Ripresa.
Per alcuni giorni, la polemica montò sulla stampa e, nel volgere di una settimana, il Sottosegretario Tabacci rimise le proprie deleghe nelle mani del Presidente del Consiglio.
Ed ecco che il “metodo Draghi”, con quel mix di rapidità e capacità di intuizione politica, ebbe occasione di manifestarsi. Il 6 agosto il Consiglio dei ministri approvò il c.d. “Decreto Green Pass”, nel quale, all’articolo 9, venne inserita una modifica sostanziale alla “Legge sullo Spazio”, permettendo anche ai Ministri senza portafoglio di avere le deleghe sul coordinamento delle politiche spaziali. Alla ripresa dei lavori, durante il primo Consiglio dei ministri utile, il Premier Draghi conferì i poteri di coordinamento sulle politiche spaziali al Ministro dell’Innovazione Tecnologica e Transizione Digitale, Vittorio Colao. Il Ministro Colao, per legge, è chiamato a presiedere il Comitato Interministeriale per le Politiche Spaziali (COMINT), che coinvolge Ministri e Sottosegretari delegati in un forum di discussione e coordinamento per lo sviluppo e indirizzo delle politiche di settore.
Uno degli aspetti più interessanti della vicenda è stata la capacità del Presidente del Consiglio di aver compiuto una scelta tanto di rottura quanto di continuità: la rottura più evidente è l’aver elevato il rango delle politiche spaziali all’attività primaria di un Ministro. Tale scelta, molto probabilmente, si rivelerà strategicamente utile anche alla luce degli importanti stanziamenti allocati per il settore dal PNRR.; la continuità, invece, risiedenell’aver conferito le deleghe ad un Ministro senza portafoglio e, dunque, sempre sotto il controllo della Presidenza del Consiglio con lo scopo di garantire quella capacità di coordinamento e raccordo tra le varie Amministrazioni in seno a Palazzo Chigi, che era uno degli aspetti più innovativi della riforma di settore varata alla fine della scorsa Legislatura, nel 2018.
Peraltro, all’epoca dell’esame del ddl di riforma del sistema di governance spaziale, numerosi attori chiesero a più riprese che il coordinamento delle attività del settore passasse dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca alla Presidenza del Consiglio, al fine di favorire un dialogo e confronto tra tutti i Ministeri interessati. È chiaro, del resto, che l’ambito spaziale non è più il mero contesto delle attività militari, ma da almeno un decennio sono chiare le potenzialità economiche del settore. Aver indicato come Ministro delegato un manager con grande esperienza nel settore delle telecomunicazioni potrebbe quindi condurre ad un potenziamento dei progetti di costellazioni satellitari per TLC, anche per sfruttare maggiormente la capacità di raccolta dei dati e le finalità economico-commerciali di alcuni progetti extra atmosferici.
L’attesa, sulla squadra e sull’indirizzo che il Ministro saprà dare, è forte: non appena sarà calendarizzata, l’audizione del Ministro rappresenterà uno snodo fondamentale per capire come verrà gestita la sfida del PNRR.
SETTORE SPAZIALE E PNRR
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza destina circa 1,2 mld di euro allo Spazio. Il settore è inserito nella prima missione (“Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura”, 43,55 miliardi), seconda competenza (“Digitalizzazione, innovazione e competitività nel sistema produttivo”, 27,47 miliardi), investimento quattro (“Tecnologie satellitari ed economia spaziale”, 0,97 miliardi). Il PNRR prevede sei linee d’azione: comunicazioni satellitare; osservazione della Terra; Space factory; accesso allo Spazio; “in-orbit economy”; e downstream.
Il PNRR, quindi, definendo tutte le linee di azione su cui si potrà investire, dà slancio alla cosiddetta “space economy”, che rappresenta un eccezionale volano di sviluppo per l’economia nazionale e per le eccellenti piccole e medie imprese, che sono un ecosistema produttivo variegato e vivace, riconosciuto a livello internazionale.
IL CONTESTO INTERNAZIONALE
Il settore spaziale, per l’Italia, è sempre stato oggetto tanto della cooperazione multilaterale quanto dei più classici accordi bilaterali. Questo “strabismo politico” non ha mai avuto ricadute negative ed ha rappresentato un punto di forza nell’attività industriale nazionale. Basti pensare che le prime – quasi eroiche – missioni spaziali sono avvenute grazie alla stretta cooperazione con gli Stati Uniti e che l’Italia è considerata la terza potenza ad aver lanciato un satellite in orbita, per di più dalla piattaforma marittima “Santa Rita” al largo del Kenya. Proprio con il Governo keniano, infatti, l’Italia ha stretto accordi bilaterali per la gestione della Base Luigi Broglio, vicino Malindi, che raccoglie dati dai satelliti.
Ad oggi, le sfide più importanti riguardano i progetti multilaterali che sono in essere tanto a livello europeo che a livello di Stazione Spaziale Internazionale e rappresentano decisivi contesti in cui il comparto industriale può, da un lato, sviluppare le proprie capacità e, dall’altro, esportare le avanzate tecnologie di cui l’Italia è tra i leader mondiali. In questo quadro, gli ultimi passaggi di Presidenza del G20 a guida italiana potrebbero essere l’occasione per definire – già nei summit previsti a Roma a fine settembre – nuovi ambiti e regole di cooperazione economica per il settore.