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Pur destando grande impressione, l’avanzata delle destre nel cuore dell’Europa (Francia, Austria e Germania) potrebbe produrre effetti limitati sugli assetti comunitari.
L’esito del voto europeo conferma cioè̀ le previsioni: nella trattativa per designare il nuovo presidente della Commissione lo schema politico di partenza sarà̀ quello imperniato su popolari, socialisti e liberali. Rispetto a cinque anni fa, mutano tuttavia alcuni rilevanti fattori di contesto.
La pesante sconfitta dei maggiorenti comunitari, i liberali di Macron in Francia e i socialdemocratici di Scholz in Germania, schiude un inedito margine di manovra per Giorgia Meloni in Consiglio europeo. Per la sua leadership, smagliante di fronte alla debacle dei competitor franco-tedeschi, è la prova finale, seppur la più̀ difficile. Ad essere saggiata sarà̀ la sua capacità propriamente politica di tessere alleanze, facendo valere più̀ dei numeri il clima di questo momento storico. La sensazione cioè̀ che le destre, oggi di Meloni e Le Pen, domani forse di Trump, abbiano il vento in poppa.
Il ritorno alle urne Oltralpe ipoteca, in prima battuta, la candidatura al vertice di Commissione o Consiglio di Mario Draghi (un’impasse negoziale potrebbe tuttavia rimetterlo in gioco) restituendo slancio a Von der Leyen. Sotto il profilo tattico la crisi dell’asse franco-tedesca ripropone, infatti, il dilemma del rapporto con le destre europee: tenerle fuori o dividerle, cooptarne una parte e moderarla?
È questa una delle linee di frattura, se non la principale, all’interno della stessa “maggioranza” uscente di popolari, socialisti e liberali. Ed è sull’apertura a destra che si gioca la stessa candidatura al vertice della Commissione di Von der Leyen.
Nel complesso il voto segna la tenuta dei popolari, che vincono in Germania, Spagna, Polonia, Bulgaria, Slovenia, Lussemburgo, Cipro, Lettonia, Estonia, Finlandia, Croazia e Grecia. I socialisti registrano una flessione, con buone performance in Spagna e Italia, pregevoli recuperi in Francia e Portogallo e la vittoria in Svezia.
Netta flessione per liberali e verdi, in crescita i conservatori mentre sugli euroscettici di Identità̀ e Democrazia, il raggruppamento di Salvini e Le Pen, pesa la fuoriuscita dalla delegazione di Alternative für Deutschland. La vera incognita rischia di essere così il folto gruppo dei “non iscritti”, in cui potrebbero sedere i tedeschi di AfD, gli ungheresi di Fidesz così come i 5Stelle italiani. Per formare un gruppo parlamentare, giova ricordare, sono necessari almeno 23 deputati provenienti da almeno sette Paesi membri.
In termini di policy, il voto potrebbe imprimere un rallentamento al già̀ contestato Green Deal europeo, così come al dossier relativo all’unione bancaria e del mercato dei capitali. Il posizionamento strategico a sostegno di Kiev nel conflitto con la Russia non sembra al momento minacciato, a dispetto dell’affermazione in Francia del Rassemblement National.
Lo scenario italiano
Continua la luna di miele dell’elettorato italiano con l’esecutivo di centro-destra, a guida Meloni. Il voto europeo premia i tre partiti di “maggioranza”, che accrescono i loro consensi rispetto alle elezioni politiche 2022. Cresce, quindi, lo stesso sostegno elettorale alla coalizione governativa. L’unica novità è il sorpasso di Forza Italia ai danni della Lega, sulla carta tuttavia tale crescita non determina un significativo squilibrio dei pesi interni al centro-destra. Il voto rafforza Meloni, Fratelli d’Italia e il governo: il primo test elettorale è dunque superato a pieni voti.
In un quadro generale segnato dall’astensionismo, la partecipazione alle urne è stata del 49,4%: il dato più basso nella storia repubblicana, Fratelli d’Italia cresce ancora, consolida la sua presa al nord, sfondando la barriera del 30%, e riafferma il suo primato incontrastato nella coalizione e sul sistema politico. Meloni, con le preferenze raccolte, conferma la sua personale forza elettorale: Fratelli d’Italia è sempre più il partito di Meloni. Crescendo il rilievo e il prestigio, cresce il quoziente di difficoltà delle sfide politiche innanzi alla sua leadership. L’estate, con la trattativa per i vertici delle istituzioni comunitarie, rappresenta un passaggio fondamentale per la sua ascesa politica internazionale.
Dopo un lungo travaglio Forza Italia tira un sospiro di sollievo. La crisi precedente e successiva alla scomparsa di Berlusconi sembra archiviata. La leadership consensuale di Tajani, corroborata dai consensi personali in cui spiccano quelli nel nord-ovest dove si era profilata la sfida interna di Moratti, segna l’inizio di un nuovo capitolo nella storia degli azzurri. Pur confermando il baricentro meridionalista, prima forza assoluta in Sicilia, Forza Italia registra un buon risultato anche nel cuore produttivo nord-occidentale. La contestuale debacle di Renzi e Calenda consente alla coalizione, nel suo insieme, di puntellare il suo versante sinistro.
Il tentativo di Salvini di recuperare consenso a destra, differenziandosi a ogni piè sospinto da Meloni non può dirsi pienamente riuscito. Se è vero che la crescita odierna della Lega rispetto al 2022, impietoso invece il confronto con le europee 2019, beneficia indubbiamente dell’ “effetto Vannacci”, è altrettanto vero che le difficoltà nel nord permangono. Un dato suscettibile di rendere più collegiale l’indirizzo politico del Carroccio: la presa di Salvini sul partito sembra cioè destinata ad attenuarsi. Il processo di ridislocazione dei pesi interni potrebbe tuttavia comportare episodici scossoni all’azione di governo. Il primo banco di prova sarà non a caso il voto della delegazione leghista al parlamento europeo per il nuovo presidente di Commissione.
Tra le fila dell’opposizione è il Partito Democratico a registrare il miglior risultato. L’avanzata, ragguardevole rispetto al 2022 e allo stesso 2019 (quando Renzi era ancora nel partito), reca il marchio indelebile di Schlein. In un solo colpo la segretaria vede infatti: redistribuirsi i pesi dell’opposizione a discapito delle ali centriste e in favore di quell’ala sinistra, su cui questa leadership ha scommesso fin da principio; annichilito il competitor Conte per la guida della coalizione di alternativa al centro-destra; ridotte le distanze del Pd da Fratelli d’Italia; consegnata ai dem la leadership della delegazione socialista al Parlamento europeo. Il successo di Schlein è parzialmente bilanciato dall’incetta di eletti a Bruxelles delle componenti “moderate”. La sensazione che si ricava dal voto è che l’opposizione può tornare ad essere competitiva per la guida del Paese.
Bruciante la sconfitta del Movimento 5 Stelle e dello stesso Conte. Gli studi elettorali diranno quanto peso abbia avuto il fattore astensione sulla performance grillina al sud e nelle isole, dove si ferma al 16%, ciò che è indubbiamente mancato però è proprio il fattore Conte. La sua mancata candidatura da capolista, l’annosa vicenda interna dei tre mandati, la caratura dei candidati scelti personalmente da lui, così come il profilo programmatico schiacciato sulla guerra, un tema su cui la concorrenza è stata in ultima istanza feroce, hanno indubbiamente accentuato le consuete difficoltà grilline a mobilitare il proprio elettorato. All’orizzonte non si profilano tuttavia competitor interni in grado di scalzare l’ex Presidente del Consiglio dal vertice del Movimento.
La sfida per superare lo sbarramento elettorale del 4% è vinta dalla sola Alleanza Verdi e Sinistra, che ottiene un ottimo risultato. Dopo alcuni anni, torna a Bruxelles una loro delegazione di eletti, dove tuttavia si dividerà̀ in due distinti gruppi: quello dei verdi appunto e quello della sinistra. Lo scontro fratricida tra i cosiddetti riformisti si risolve in un inutile spargimento di sangue: né Azione, né Stati Uniti d’Europa, superano lo sbarramento. Una pesante ipoteca elettorale viene così gettata su un’intera area politica.
Il futuro
Dopo il voto europeo l’ipotesi di rimpasto governativo perde forza ma non scompare dall’orizzonte del centro-destra. Le urne, come anzidetto, non determinano significativi squilibri politici in seno alla “maggioranza”. In termini sistemici non si rendono, quindi, strettamente necessarie modificazioni della squadra di governo. L’ipotesi di operare con calma qualche sostituzione, che scongiuri la nascita di un Meloni bis e l’apertura del relativo Vaso di Pandora nella coalizione, è invece in campo. La vicenda giudiziaria Santanché, in questo senso, potrebbe rappresentare l’occasione per fare il punto sulle performance di alcuni ministri chiave, in primis Pichetto Fratin.
Dal punto di vista politico il voto al nuovo presidente di Commissione da parte delle forze di “maggioranza” italiane al Parlamento europeo è indubbiamente un passaggio molto insidioso, anche in prospettiva. Se sembra scontato il voto favorevole di Forza Italia, discorso diverso riguarda Fratelli d’Italia e Lega. Per la prima votare contro o astenersi di fronte ad una soluzione politicamente in continuità col passato comunitario potrebbe essere un vero e proprio azzardo. Ragione per la quale è lecito prevedere che il massimo dello sforzo politico impresso da Meloni sia concentrato in occasione della trattativa in Consiglio. Per Salvini, invece, ogni scenario, compreso il voto contrario, è aperto. L’esecutivo nel suo insieme deve tuttavia preservare il rapporto con l’establishment comunitario: dalla prossima legge di stabilità fino agli adempimenti per il PNRR, sono molteplici i passaggi comunitari che richiedono in premessa un’adeguata armonia politica tra le parti.
Sotto il profilo internazionale, il sostegno italiano all’Ucraina viene riaffermato con forza dall’esito del voto. In diverso ordine e grado le forze e le candidature propense a dare il primato alla diplomazia nella gestione del conflitto sono state sconfitte.
[1] Proiezione elaborata dal Parlamento europeo e non definitiva: lo spoglio è ancora in corso in alcuni Stati membri
[2] Dati del Ministero degli Interni, da non considerare definitivi per la mancanza dei risultati di 78 sezioni della Circoscrizione III.