In questi giorni di fine estate non si parla solamente di Green Pass, terza dose ed elezioni amministrative. Infatti, tra i temi più dibattuti dell’ultimo periodo spicca sicuramente il successo dei Referendum Eutanasia Legale e Cannabis. Ma come si è arrivati ai referendum?
La straordinaria e innovativa mobilitazione popolare a sostegno dei due referendum risponde in gran parte all’assenza di una presa di posizione del Parlamento su questi temi. Perché la presenza di commissioni o proposte di legge non conta se i grandi partiti preferiscono non parlarne. Così come non bastano eventuali correttivi da parte della magistratura.
Seppur brevissima, la campagna per la legalizzazione della Cannabis ha probabilmente superato le più rosee aspettative dei suoi promotori, raggiungendo le 500.000 firme necessarie per la consultazione referendaria in appena 7 giorni! Un’iniziativa che non arriva come un meteorite sconosciuto, ma che riaccende e polarizza fortemente l’opinione pubblica, generando anche un certo imbarazzo in alcuni partiti. Il dibattito sulle droghe ha salde radici in una storia tutta italiana che attraversa San Patrignano (una storia tornata recentemente protagonista con la serie Netflix SANPA), leggi definite “liberticide”, battaglie Radicali (ricordate Pannella che distribuiva sacchetti di hashish?), meme su Giovanardi e dibattiti a fasi alterne sul proibizionismo.
Oggi, il silenzio della politica si scontra con il fragore della partecipazione referendaria di questi giorni, che per la prima volta vive solamente nel mondo digital e proprio da questo mondo ricava una cassa di risonanza da analizzare attentamente.
La forza della rete
Non ci sono i grandi partiti, i maggiori quotidiani o enormi campagne di mobilitazione finanziate da imprenditori. La campagna in questione è davvero grassroots, giocata sulle radici dei movimenti, delle associazioni e delle liste locali; la forza di tante piccole voci che in pochi giorni sono riuscite a organizzare una composizione corale che non può più essere ignorata dalle istituzioni sopra citate.
La costante operazione di condivisione unita alla creazione di materiale semplice ed efficace da parte dei promotori è stato il primo, importantissimo, punto di partenza. Un materiale grafico chiaro, così come le comunicazioni della lista di importanti stakeholders che si sono espressi in favore del referendum sui canali social. La potenza di queste azioni si rileva chiaramente analizzando le conversazioni online e i trend che riguardano parole di ricerca come “cannabis”, “referendum” e simili.
Le azioni di condivisione dei cittadini, avvenute sfruttando tutte le piattaforme a loro disposizione – come le storie di Instagram che rimandano alle pagine dei promotori e le condivisioni del link alla firma tramite Whatsapp – sono state accompagnate dal costante lavoro di vari stakeholders, istituzionali e non, soliti a battaglie di questo genere: da Marco Cappato a Riccardo Magi (+Europa), passando per Luca Bizzarri, le prese di posizione di esponenti vicini a battaglie legate alla libertà di scelta e al progresso sociale – sia sui social media che su quelli tradizionali – sono state fondamentali per conferire quell’ulteriore cassa di risonanza che ha permesso di raggiungere in due settimane (da inizio settembre al 16/09), oltre al numero di firme già citato, 39.000 menzioni del termine “cannabis” su blog, siti di notizie e account Twitter e, nello stesso periodo, ben 3.800 menzioni di “referendum cannabis” sulle stesse piattaforme.
E come il ruolo di pochi, ma credibili e competenti, esponenti sia fondamentale è misurabile: le 43.000 menzioni dei due termini hanno prodotto un engagement (la somma delle interazioni online come mi piace, commenti, etc.) di 268.000 e nella classifica dei post con maggiore ingaggio troviamo proprio esponenti come Riccardo Magi, Marta Collot, la pagina Twitter di Legalizziamo! e i canali social di Meglio Legale.
Una menzione particolare, come già detto in precedenza, se la guadagnano i promotori e la loro strategia di comunicazione. Condivisione da parte della base, tanto lavoro nell’ombra, ma anche il lavoro costante per entrambi i referendum di Associazione Luca Coscioni e di Meglio Legale, che hanno sfruttato il loro seguito e il sito web per condividere materiale e interventi a supporto del referendum, come le tante live per promuovere l’iniziativa tra cui quella con Roberto Saviano. Gli organizzatori hanno anche agito attraverso il sito condiviso da tutti i loro profili e in tutte le loro comunicazioni (referendumcannabis.it) nel quale possiamo trovare una sezione che mostra il kit della strategia di condivisione, nel quale chiunque può scaricare tutto il materiale promozionale per “partecipare alla più grande mobilitazione online mai tentata”.
Meglio Legale, con più di 90.000 followers complessivi sui social, e Associazione Luca Coscioni, 159.000 followers sui social, sono i due organizzatori che più hanno attivato la loro rete online, pubblicando le grafiche dei social anche sul sito, rendendole così scaricabili e condivisibili.
Invece cosa ne pensano i grandi partiti? Come si stanno muovendo? Come già anticipato all’inizio, i principali leader nazionali non si sono esposti più di tanto. Ma la campagna trova il sostegno reale e digitale di alcuni big della politica italiana. Tra i post con maggiori interazioni di politici esterni al cerchio dei promotori spiccano quelli di Beppe Grillo, Federico Pizzarotti, Matteo Orfini ed Elio Vito. Un sostegno che evidenzia la trasversalità del quesito referendario, che pur viaggiando senza le bandiere dei partiti più importanti ottiene il favore di diversi loro rappresentanti.
La firma digitale e la partecipazione 4.0
Ma la vera rivoluzione digitale, che non toccherà solo questo referendum, è l’introduzione della possibilità di firma tramite SPID, possibile dopo l’approvazione dell’emendamento al Dl Semplificazioni da parte delle Commissioni Affari costituzionali e Ambiente nel mese di luglio 2021, a prima firma proprio di Riccardo Magi.
Così cambiano completamente le carte in tavola: bastano “poche migliaia” di click per chiamare milioni di italiani alle urne. Una novità clamorosa che non solo risponde ai limiti del Parlamento, occupato a preoccuparsi della fragilità delle maggioranze e dei sondaggi elettorali, ma offre una visibilità unica alle voci di partiti, movimenti e attivisti che difficilmente troverebbero spazio nelle istituzioni e che faticano ad avere una presenza capillare nei territori. Novità che aveva già portato risultati tangibili a favore di un altro referendum recente, quello sull’Eutanasia, il quale ha visto una grande impennata nelle sottoscrizioni da quando è stata implementata la possibilità di firma digitale il 12 agosto. La crescita dell’interesse è segnata dall’aumento delle menzioni proprio in concomitanza con il giorno di apertura alla firma digitale con SPID.
Ovviamente al tema viene data molta attenzione, tanto nelle discussioni di esperti quanto nelle aule del Parlamento. È proprio del 15 settembre la notizia della proposta del Senatore Nannicini (PD) di digitalizzare la firma anche delle petizioni a Camera e Senato, previste dall’articolo 50 della Costituzione, con l’obiettivo di aumentare la partecipazione ad uno strumento di democrazia partecipativa già preposto dal nostro ordinamento.
“Democrazia è partecipazione, ma riusciremmo oggi a rispettarne il senso profondo senza strumenti al passo con i tempi?” si chiede, correttamente, il senatore Nannicini parlando con Wired. Ma non è la sola domanda che emerge da questa rivoluzione digitale dei processi democratici: ci si chiede se possa rappresentare una rinnovata forma di azione politica dopo la scuola referendaria dei Radicali, se in futuro si possa sostituire in parte al ruolo del Parlamento e quanti referendum ci attenderanno.
Sicuramente, per far si che il potere politico non subisca il progresso tecnologico più di quanto già faccia, tutte queste domande dovrebbero essere affrontate con lo spirito enunciato dal Senatore di “stare al passo con i tempi”.